La vita ha un senso?
Forse siamo tutti pronti a dare o cercare un senso preciso alla vita,
spesso legato ad aspettative, se poi queste non coincidono con quanto
avremmo voluto, ecco aperta la porta al turbamento, all’attaccamento
e a quelle reazioni spesso nocive.
Per chi si pone sul sentiero del Dhamma il senso e la ricerca
si legano alla capacità di spezzare la coazione a ripetere della sofferenza:
i veleni e la liberazione da essi, il riconoscimento delle nostre reazioni
e di come si possa essere leggittimi artefici di quella che è il nostro
futuro percorso partendo da adesso.
Vorrei condividere questo stralcio dal libro ” Come diventare un buddha in
cinque settimane”
di Giulio Cesare Giacobbe, considerando che l’autore è uno psicoterapeuta e
trova
nel buddhismo una forma pratica ( più che religiosa) per vivere la vita in
serenità:
“Cos’ è un buddha
Cos’è un buddha?
Un buddha non è un dio, un santo, un superuomo o un essere sovrumano.
E’ uno di noi.
Uno qualunque.
E’ semplicemente uno che ha eliminato la sofferenza.
Attenzione: non dal mondo, ma da dentro di sè.
Non soffre più.
Non s’adira.
Non odia.
Non prova gelosia, invidia, rancore.
E neppure tristezza, ansia, angoscia.
E neppure bramosia, avidità, egoismo.
Ma cosa vuol dire: che è apatico, indifferente, senza
sentimenti?
Nossignori.
I sentimenti ce li ha.
Tutti.
Ma non li esaspera.
Non li fa crescere.
Non se ne fa schiavo.
Non li alimenta.
Parlo di quelli negativi.
Alimenta soltanto quelli positivi.
Che sono serenità, pace, allegria, gioia, armonia, amore.
Riesce cioè a rimanere sereno dentro di sè nutrendosi di
sentimenti positivi, godendosi i sentimenti positivi e neutralizzando
i sentimenti negativi.
La sua mente è sempre serena, calma.
Il suo corpo sempre rilassato.
Non ha più stress, tensione.
Vive di gioia, di allegria, d’armonia, d’amore.
E infonde intorno a sè gioia, armonia, amore, allegria,
buonumore.
Perchè ha conquistato la serenità.
Un buddha è colui che ha conqustato la serenità e la mantiene in qualunque
situazione. “
Dunque il senso profondo della nostra vita è in quello che scegliamo:
inquietudine, brama, rabbia oppure quella serenità che ci permetta di vedere
gli accadimenti passati
come semplice opportunità di ricerca per migliorare il nostro presente, per
farne la base di un futuro sereno.
Che senso avrebbe una vita avvelenata dalla nostra collera e dalla nostra
tensione interiore, spesso proiettata
sugli altri visti, come cause della nostra inquietudine? E’ dentro di noi
che si deve lavorare!
Qui ed ora possiamo iniziare a scegliere quel senso che ci sfugge. Un senso
che solo noi possiamo applicare
attraverso la ricerca e la liberazione dalla schiavitù della nostra
illusione.
Un sorriso
Daniela
Does life make sense?
Maybe we are all ready to give or seek a precise meaning to life,
often linked to expectations, if then these do not coincide with what
we would have liked, here is the door to disturbance, to attachment
and to those often harmful reactions.
For those who place themselves on the path of the Dhamma, meaning and research
are linked to the ability to break the repetition compulsion of suffering:
poisons and liberation from them, the recognition of our reactions
and how we can be legitimate architects of what is ours
future path starting from now.
I would like to share this excerpt from the book “How to become a buddha in
five weeks ”
by Giulio Cesare Giacobbe, considering that the author is a psychotherapist e
he finds
in Buddhism a practical (rather than religious) form to live life in
serenity:
“What is a buddha
What is a buddha?
A buddha is not a god, a saint, a superman or a superhuman being.
He is one of us.
Any one.
He is simply one who has eliminated suffering.
Attention: not from the world, but from within yourself.
He no longer suffers.
He is not angry.
He doesn’t hate.
He does not feel jealousy, envy, resentment.
Nor sadness, anxiety, anguish.
Neither is craving, greed, selfishness.
But what does he mean: that he is apathetic, indifferent, without
feelings?
No gentlemen.
The feelings he has them.
All.
But he doesn’t exasperate them.
He doesn’t make them grow.
He does not become a slave to it.
He doesn’t feed them.
I’m talking about the negative ones.
He only feeds the positive ones.
Which are serenity, peace, happiness, joy, harmony, love.
That is, he manages to remain calm within himself by feeding on
positive feelings, enjoying positive feelings and neutralizing
negative feelings.
His mind is always serene, calm.
His body always relaxed.
He no longer has stress, tension.
He lives of joy, of cheerfulness, of harmony, of love.
And he infuses around him joy, harmony, love, happiness,
good mood.
Because he has conquered serenity.
A buddha is one who has conquered serenity and maintains it in whatever
situation. ”
So the profound meaning of our life is in what we choose:
restlessness, longing, anger or that serenity that allows us to see
past events
as a simple research opportunity to improve our present, for
make it the basis of a peaceful future.
What sense would a life poisoned by our anger and our own
inner tension, often projected
on other visas, as causes of our concern? He is within us
that you have to work!
Here and now we can begin to choose that meaning that eludes us. A sense
that only we can apply
through research and liberation from the slavery of ours
illusion.
A smile
Daniela
Vero, ma non spiega come fare.
Il Buddah è colui che nell’islam si chiama il Musulmano, ovvero quello che ha sottomesso il proprio Ego o Anima bassa, le proprie passioni, vizi, aspettative, e le sa tenere a bada. Siddhartha combatté il proprio Ego (nel film “il piccolo Buddah” lo chiama “architetto”) e così si realizzò .
Sarebbe sano accostare a queste belle parole, al fatto che è necessario intraprendere un percorso di lotta interiore (digiuni, meditazioni, preghiere, mantra etc…) per arrivare a questo, per evitare di trovarsi di fronte una moltitudine di imitatori del Buddah che alla prima cosa storta ti saltano addosso.
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Infatti è necessaria una pratica quotidiana e nulla va colto superficialmente,ogni timore, aspettativa ed attaccamento sono ostacoli da superare.
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Giusto, il timore, aspettative etc… sono legate all’ego, solo, con una pratica continua si superano, l’ego è un animale che non si ammansisce così facilmente.
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Nel buddismo si vede la mente indisciplinata come la principale causa della sofferenza,si dice allora che va addestrata come si fa con un elefante che per non farlo fuggire si lega ad un albero sin da piccolo: malgrado sia in grado di spezzare le catene resta fermo.
L’ego vuole sempre emergere,avido di attenzione.
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La mente dell’ego intendi. Perché nel Islam la mente è il Ruh ovvero lo spirito, l’intelletto, il, respiro divino (immagine e somiglianza), e come tale è perfetto, ma eclissato dall’ego. Percui abbattendo l’ego la mente è già calma. L’ego diviso in 3 entità…(dai uno sguardo al mil articolo sulla Primavera del botticelli per capire meglio) ed una di queste è la coscienza, la psiche, lei va controllata, calmata, ma tutte e 3 le entità hanno una loro mente (minore).
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Grazie,è interessante, dunque esiste già una condizione di perfezione,poi deviata dall’ego e a noi il compito di fare il percorso per riconoscere e manifestare quello che siamo veramente.
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Esattamente
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Nell’ebraismo il respiro divino è Ruah,manifestazione della terza persona o Spirito Santo.
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Stessa cosa infatti.
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Grazie per l’ opportunità di conoscere e comparare l’essenza dell’Islam,che conosco solo in parte attraverso Rumi e il Sufismo.
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Io seguo la tariqat Sufi Naqshbandi, il mio Maestro è diretto discendente di Rumi.
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Molto interessante!
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Bellissimo, grazie! 🌹
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Grazie a te! 💓🌸🌹
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